18 apr 2008
Galli, Formiconi e capre
"Qualora Formigoni si dovesse dimettere da governatore, sarebbe auspicabile che a sostituirlo fosse un esponente della Lega Nord". Dario Galli, Lega Nord, ospite ad 'Omnibus' su LA7, ha così spiegato la posizione del Carroccio sull'eventuale sostituzione del presidente della regione Lombardia nel caso accettasse un incarico ministeriale. (tratto da Repubblica on line)
Mi sono perso qualcosa stanotte oppure si deve ancora votare piuttosto che nominare un presidente di Regione? Passi la dichiarazione di questo tal Galli ma il commento ovino del notista è ancor peggio. Almeno a mio modesto e indignato parere.
17 apr 2008
Le plat pays
Le plat pays: così cantava Jacques Brel del suo Belgio e mi viene, anche se per altre ragioni rispetto a quelle del cantautore, il riflesso di pensare a noi. Dico "noi" con tutte le possibili nuove accezioni che il pronome può avere di questi tempi. Da un post del mio amico Giorgio (lo so che non siamo ancora amici, ma ci capiamo già) di cui un giorno sì e uno no cerco di leggerne il blog (un Giorgio sì e l'altro no mi viene da dire) mi viene lo spunto per scrivere alcune righe. Ho raccontato in queste settimane, per pochi intimi, cose che mi sembravano ovvie: il primo post vero l'avevo intitolato Boselli for president, poi il resoconto della mia visita con Davidone a Monza a sentire Formaggino e ancora le idee sulla Sicilia, insomma tutto lasciava trasparire sensazioni evidenti. Dalle idee di uno (cioè io) che non si occupa di comunicazione o di politica, che viaggia abbastanza per l'Italia incontrando imprenditori, sindaci, assessori e, capita, ministri e che soprattutto ha come valore quello di osservare i fatti, passati e presenti, con lucidità e senza lenti deformanti, pur mantenendo le sue idee, le sue passioni e i suoi sogni, appariva tutto chiaro, quasi abbagliante. Premetto che non sto facendo l'elogio alla mia preveggenza, ci mancherebbe altro non ho mai fatto neanche un 12 al Totocalcio, semplicemente vorrei portare all'attenzione quello che il mondo dei media (blogger compresi) ci porta in tavola ogni giorno. Passi che Boselli dichiari che avrebbe preso il 4% o che Formaggino ci dicesse che ormai eravamo lì a un'incollatura dal nano, tanto che dai sondaggi più accurati gli si vedevano i peli delle orecchie, ma tutto il parlare di pareggi, governi istituzionali, liste pro life, riforme elettorali? E Realacci che commenta gli exit polls, dopo quello che era successo nelle scorse elezioni, dicendo che il Pd avrebbe dato una Camera all'opposizione (invece loro non ci danno neanche il bagno adesso)? E la Bindi, proprio lei che sembrava anche intelligente certe volte, va a dire in tv che il Pd è il primo partito? Ma questa gente dove vive? E i giornali che fanno? Intrattenimento? Gossip?
Io mi chiedo: a momenti perdevamo le elezioni di due anni fa (magari le avessimo perse!) dopo 5 anni pazzeschi di centrodestra con un paese con le pezze al culo e in più "tutti insieme appassionatamente" compresa la Sbarbati dei Repubblicani (ve la ricordate in piena notte a festeggiare i 25.000 voti in più con Fassino e Prodi sul palco di piazza del Popolo?). Ma quale genio poteva pensare di battere veramente uno come il nano dopo 24 mesi di comiche+rifiuti+mozzarelle+Ratzinger+benzina a 1.40 e pane a 4 euro al chilo?
Capisco "il provarci" per chi paertecipa a una competizione, ma gli analisti dove sono? Sono quasi tutti al soldo di qualcuno? Vogliono solo vendere un prodotto e scrivono quello che la gente vuole sentirsi dire? Oppure hanno messo il passamontagna al contrario. Giorgio aiutami tu, io Scalfari non ce la faccio più a leggerlo!
15 apr 2008
di-abol-ici
14 apr 2008
Z come Zorro
9 apr 2008
A come Ahhhlitalia
Siamo ormai entrati nell'ultima settimana pre-Calderoli ministro. Quindi si avvia alla chiusura anche questo blog politico-elettorale per pochi intimi (grazie comunque Giorgio per avermi amplificato nel tuo mirabile network). Vediamo di riassumere quindi alcuni temi riesumando il poco originale strumento dell'abecedario.
A - come Alitalia. Sorprendentemente è diventato l'argomento più trattato di queste settimane di molle campagna. Alla gente normale in realtà non gliene può fregare di meno, credo, di questa allucinante storia, ma qualcuno l’ha messa sul piano del sentimentalismo patriottico e quindi ognuno si è sentito in diritto di dire la propria (come se fosse la nazionale di calcio) circa una delle vicende più simboliche della storia recente d’Italia: la collusione tra potere politico, sindacati e corporazioni, un triangolo indecente che si è tenuto insieme finché la cassa purtroppo è rimasta quasi vuota. La boutade della cordata pre-elettorale è stata tragicomica e nessun commentatore ovviamente ha avuto alcunché da dire per non turbare il futuro padrone. Come sempre chez nous la questione non è stata affrontata dal punto di vista industriale ma da quello puramente finanziario, come se il mercato aereo fosse quello degli anni 50. Il problema purtroppo è invece manageriale (sono fallite compagnie ben più prestigiose della nostra come Sabena o Swissair, sono nate le low cost, gli aeroporti regionali, sono state liberalizzate le tratte intercontinentali) e quindi occorre che chi si assume il rischio di offrire servizi ad alta quota (ma anche a terra) sia in grado di decidere, su basi diverse da quelle dei diktat politici, quanta gente assumere, dove fare gli hub, quali aerei comprare, cosa sponsorizzare, ecc, cioè il contrario di quanto avvenuto finora. Sembra invece che la maggioranza degli interessati vogliano l’italianità, requisito che (ritorna come nella simpatica storia Fazio-Fiorani-Bpi e via discorrendo) serve innanzitutto per esercitare un potere (di ricatto o di risorse) verso qualcuno che prima o poi avrà bisogno di te, diciamo un assetto proprietario/gestionale “malleabile”. Ecco allora la cordata italiana, l’aviazione all’amatriciana fatta da faccendieri, fabbricanti di scarpe o editori che vede una nuova occasione per socializzare le perdite e privatizzare gli utili. Sono convinto che, se
3 apr 2008
de iuventute
In questi ultimi mesi mi è capitato di riflettere spesso su come cambia la percezione della realtà col passare del tempo, in particolare di come oggi io la percepisco rispetto a come, quando ero piccolo mi immaginavo l'avrei vissuta. Ad esempio, mi ricordo quando sui banchi delle elementari pensavo all'anno 2000 e mi spaventava anche un po'. La futurologia ingenua del mio essere bambino negli anni 70 mi portava a immaginarmi per quella lontana data, fatidica e simbolica, sposato (in particolare con la mia compagna di classe Barbara G.), con annessi figli (che pensavo si ordinassero sul catalogo del Postalmarket), immerso in una società con diavolerie tecnologiche sintetizzabili in ciò che si ammirava in una puntata qualunque del cartone animato "I Pronipoti". All'alba del nuovo millennio, che si sta peraltro allontanando a velocità eccessiva e inquietante, nessuna delle profezie si era avverata. La cosa mi ha imbarazzato nei confronti delle aspettative che il me-di-allora aveva verso il me-di-oggi e mi sono sentito quindi allo stesso tempo tradito e colpevole (niente male vero?). Poi ho pensato: ehi ma che fai, ti preoccupi di rendere conto a un moccioso biondino che non esiste più? Allora ho innescato un dibattito interno tra continuità e discontinuità dell'io biografico e biologico che mi ha portato ad assumere, sei etti di cioccolato al latte a titolo di doping. Comunque, facezie a parte, quello che vorrei ricordare, prima di tutto a me stesso, è la percezione che avevo degli adulti allora per arrivare alla valutazione sugli adulti di oggi. Allora ho fatto una prova e sono andato a rivedere alcuni morti celebri adulti che associo alla mia infanzia per vedere come si posizionavano anagraficamente allora rispetto alla mia età attuale (38,5). Per ovvi motivi le morti degli anni 70 che mi sono rimaste dentro sono legate al clima sociale di quegli anni e quindi in gran parte sono da ricondurre a fatti di cronaca della stagione del terrorismo. Il risultato mi ha turbato enormemente (vado in ordine cronologico sparso): il giudice Emilio Alessandrini fu ucciso dalle Br a 37 anni, il commissario Calabresi ne aveva 35 e Walter Tobagi, giornalista del Corriere, 33. Io nella mia percezione da Peter Pan me li ero sempre figurati "grandi", forse cinquantenni, sbiaditi nelle loro tragedie incomprensibili trasmesse con edizioni speciali dalla Rai. Resi familiari e fissati nell'immaginario da fototessere sottratte velocemente a carte d'identità ormai inutili. Dentro ai Telefunken in bianco e nero in cui il sangue non era rosso ma grigio scuro, tanto da sembrare meno reale.
Oggi in Italia se hai trentacinque anni a nessuno gli viene in mente di spararti perché rappresenti qualcosa nella società, al limite vieni preso al Grande Fratello perché sei ancora nella stanza dei giochi. Devo ancora capire se è meglio così.
2 apr 2008
Pizza connection
Breve considerazione incoraggiante: ore 16.50, panoramica delle edizioni on-line dei principali quotidiani europei.
The Guardian enfatizza le elezioni nello Zimbabwe.
Die Zeit dà spazio al vertice Nato a Bucarest.
Le Figaro apre con la vicenda Betancourt.
El Pais offre le dichiarazioni di Bush sulla lotta al terrorismo.
Repubblica ci regala una foto con Giuseppe Pizza '47 dietro una bandiera della DC (la foto purtroppo non è del '47 ma di oggi) e ci dice che forse bisogna spostare le elezioni per via del Pizza stesso che deve avere il tempo per evangelizzarci come tutti gli altri.
Italy, what else?